HomeApprofondimentiGalleria FotograficaGalleria Video Repertorio Multimediale





















   Approfondimenti

DA TRIPOLI A ROMA: INDIETRO, AGLI ANNI VENTI

Victor Magiar

da: Centro di Cultura Ebraica (a cura di), Da Tripoli a Roma. Vita e tradizioni degli ebrei di Libia. Giornata di studio, Roma, 2003

 

      Per prima cosa vorrei dire che quelli che nel 1967 erano bambini, come me, ricordano bene gli adulti che all’epoca riuscirono a superare una prova durissima: fuggiti da Tripoli in fretta e furia, siamo arrivati a Roma in condizioni gravi, praticamente senza soldi e con qualche valigia, ma i nostri genitori sono riusciti a stare insieme e ad organizzarsi. Vorrei quindi ringraziare la generazione dei Scialom Tesciuba, Sion Burbea, Bondì Nahum, Berto Fellus, Simone Habib…: loro hanno ricostruito questa nostra Comunità.

     Penso che la prima importante lezione di vita alla nostra generazione l’abbiano data proprio i nostri genitori che hanno dimostrato di saper affrontare una grandissima prova a testa alta. Siamo usciti da Tripoli a testa alta anche perché noi eravamo in una condizione diversa da quella vissuta in passato da tutti gli altri ebrei della diaspora: eravamo salvi perché esisteva Israele e perché Israele aveva vinto. Dopo duemila anni di fughe non abbiamo vissuto “quella” fuga come un’umiliazione, come è successo alle generazioni precedenti, ma siamo usciti orgogliosi e fieri: questa è la grande differenza. Vorrei approfittare di questa occasione per affrontare molto brevemente due vicende spesso sottovalutate. La prima riguarda gli ebrei di Bengasi che, andati in gran parte in Israele, sono in pochi qui a Roma e poco conosciuti. In realtà gli ebrei bengasini hanno vissuto una pagina di storia più dolorosa degli ebrei tripolini: se la gravità dello scontro con gli arabi è stata simile per le due comunità, è stato invece molto diverso il peso della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e delle dure prove che hanno dovuto superare durante il periodo fascista. La piccola Comunità bengasina è stata coinvolta direttamente nel conflitto bellico per i numerosi rovesciamenti di fronte in Cirenaica che videro inglesi ed italiani alternare avanzate e ritirate. Fu così che a Bengasi, più volte occupata e poi abbandonata dai due eserciti, i fascisti italiani accusarono gli ebrei di essere collaborazionisti degli inglesi. L’esito della campagna di delazione contro gli ebrei fu assolutamente drammatico e si concluse non solo con la deportazione di migliaia di persone  nei campi di prigionia, ma anche con diverse condanne a morte per impiccagione.

     Vorrei quindi ricordare che in Libia ci sono stati anche tre campi di concentramento per ebrei: il campo di lavoro di Gurgi non molto distante da Tripoli, quello di Giado a 235 chilometri dalla costa all'interno della Tripolitania e considerato un campo molto duro dove vennero deportati gli ebrei della Cirenaica, ed infine quello di Sidi Azàz, certo il più duro, nel cuore della Cirenaica. In quest’ultimo vennero raccolti più di mille ebrei condannati ai lavori forzati lungo le vie di comunicazione dietro al fronte: dopo lo sfondamento degli inglesi a El-Alamein, vennero abbandonati dagli italiani e dai tedeschi in mezzo al deserto. Questa è una storia che deve essere ancora approfondita perché pochi anziani ricordano l'esperienza drammatica, la Shoah, degli ebrei del Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale: questo è dovuto al fatto che la memoria di quei fatti è stata poi superata dalla successiva esperienza dei sanguinosi pogrom subiti nei paesi arabi.

      Per seconda cosa vorrei raccontare, e non solo ai più giovani, di un mito tripolino: siamo stati infatti educati a credere che i pogrom del '45 e del '48 siano stati voluti e pilotati dagli inglesi, ma in realtà non è vero. In qualche modo questo falso mito consolida nell’immaginario di molti – e non solo nel mondo occidentale – l’idea che gli ebrei abbiano avuto dei problemi nei paesi arabi a causa delle guerre in Medio Oriente tra israeliani e arabi: anche questo è un falso mito. Occorre studiare la storia completa per scoprire che già alla fine del XX secolo ebbero luogo i primi pogrom antiebraici nei paesi arabi, che iniziarono poi a diventare, a partire dal 1920, un fenomeno diffuso su un’estensione territoriale enorme, dal Marocco fino all’Irak, e durati fino agli anni '70: non c'è solo una guerra tra israeliani e palestinesi, ma anche una guerra tra arabi ed ebrei, che dura da cento anni.

    L’idea di mandare via gli ebrei dai paesi arabi nasce molto prima dello scontro in Palestina tra il movimento sionista e gli stati arabi. In realtà l’attacco agli ebrei nasce da un conflitto interno al mondo arabo dove, dopo il crollo dell’Impero Ottomano, emergono due teorie nazionaliste: una prima, detta panarabista, teorizza la costituzione di un’unica e grande nazione araba mentre la seconda, sostenuta da sovrani e capi tribù, teorizza la costituzione di diversi stati nazionali. Mentre i panarabisti sostenevano, nero su bianco, la cacciata degli ebrei considerati un corpo estraneo sulle terre arabe e dell'Islàm, i sovrani vedevano nelle comunità ebraiche una risorsa e uno strumento di relazione con l’Europa: vanno ricordate dinastie come quella del Marocco che ha protetto i propri ebrei o quella Hashemita che ha cercato fino all’ultimo l'accordo con il movimento sionista in Palestina. Con il tempo il radicalismo panarabista si è di fatto tramutato in radicalismo panislamico e la sua visione medievale - solidificata con la nascita del “Partito dei Fratelli Musulmani” in Egitto nel 1929 - ancora oggi si scontra con una visione nazionale e modernista. Per questo motivo ci sono stati pogrom in Algeria, Marocco, Libia, Irak, Giordania, Siria prima che nascesse lo Stato di Israele: pogrom violentissimi, come quello del '29 con la distruzione della comunità ebraica di Hebron o quello che ha sorpreso le forze alleate nel '43, con la distruzione della comunità di Costantina in Algeria. Non spiegare, non raccontare questo, significa regalare un argomento di propaganda a chi da cento anni perseguita gli ebrei su tutto questo territorio.

     Voglio chiudere dicendo che i pogrom in Libia, del '45 e del '48 sono stati organizzati direttamente dai dirigenti della Lega araba. Che il pogrom del ’45 sia stato organizzato dal partito el Hizb al Watàni  in collegamento con la neonata Lega Araba - il cui segretario generale, l’egiziano Abd er-Rahmàn Azzàm Pashà, era già stato leader della rivolta degli anni Venti in Libia contro gli italiani - risulta tanto dalla documentazione inglese che dall’indagine segreta del movimento sionista. Certo esiste la grave responsabilità dell'Amministrazione Militare Britannica che ha di fatto permesso che il pogrom durasse quattro giorni, grazie alla complicità dei poliziotti, in gran parte da arabi locali, e dei sottufficiali, i famosi “red fez”, che erano arabi siriani, giordani, irakeni. Il pogrom è stato infine sedato dall’intervento dell’esercito inglese che ha poi esautorato per un mese e mezzo l’Amministrazione Militare ed ha provato a porre rimedio a quella situazione molto grave: 130 morti, 265 feriti, 4000 senza tetto.

     Spero che gli ebrei tripolini imparino a studiare la loro storia ed a raccontarla ai loro figli: tutta, perché è la storia antichissima di una comunità cosmopolita, molto aperta e dialogante e, come scriveva Primo Levi, allegra e positiva. Non credo che ci abbiano cacciato da Tripoli, perché non hanno eliminato la nostra cultura.


CCE
 
Copyrigth © 2012 MemoriEbraiche
contatti: centrocultura@romaebraica.it  |  Seguici anche su:  Seguici su G+  Seguici su twitter  Seguici su YouTube