Elio Toaff: protagonista della rinascita
Silvia Haia Antonucci
da: Pagine Ebraiche, maggio 2010
L’Archivio storico
della Comunità ebraica di Roma conserva documentazione
fondamentale per la ricostruzione della storia della Comunità
ebraica più antica d’Europa.
La sua dirigenza si è
fortemente impegnata nella valorizzazione e nella promozione
della propria memoria, sia per aggiungere un tassello
significativo alla storia della città, sia per divulgare,
all’interno
come all’esterno, la propria storia, le proprie radici che sono
intrecciate nel più ampio tessuto sociale della città.
Attraverso tale analisi, in collaborazione con la Camera di
Commercio di Roma, è stato possibile pubblicare nel 2007 un
volume, La Comunità ebraica di Roma nel secondo dopoguerra.
Economia e società (1945-1965), che contribuisce alla
comprensione del periodo che ha visto l’elezione del prof. Elio
Toaff a Capo Rabbino, in un momento davvero molto critico per la
collettività ebraica. Attraverso l’analisi della documentazione
conservata nell’archivio, ovvero i ruoli delle matricole
(l’elenco
degli ebrei contribuenti), i registri di nascite, matrimoni,
morti, gli schedari ed i fascicoli personali, è stato possibile
rilevare i mutamenti che hanno interessato la collettività
ebraica di Roma nel dopoguerra. Nel 1938 gli ebrei romani
risultavano artigiani (falegnami, sarti, tappezzieri, tipografi,
stagnai), piccoli negozianti, venditori ambulanti, agenti di
commercio (soprattutto nel campo dei tessuti, della
rottamazione, degli stracci e dell’antiquariato) e lavoratori
dipendenti sia nel settore pubblico sia privato. All’indomani
della Seconda guerra mondiale, a causa delle discriminazioni e
delle deportazioni subite, la ripresa della Comunità ebraica di
Roma fu più difficile rispetto al resto della cittadinanza.
Contribuì ad aggravare tale situazione anche il ritardo nella
reintegrazione nei posti di lavoro da cui gli ebrei erano stati
cacciati e nei risarcimenti relativi ai beni confiscati e
gestiti dall’Ente di
gestione e liquidazione immobiliare. In particolare a Roma la
situazione fu peggiorata dall’aumento della disoccupazione a
seguito della chiusura delle industrie belliche che non vennero
riconvertite come accadde, invece, in altre parti d’Italia.
Quando rav Toaff divenne Capo Rabbino della Comunità ebraica di
Roma, trovò una collettività da ricostruire sotto tutti gli
aspetti, morale, economico, religioso, culturale. Dall’analisi
dei dati contenuti nello Schedario del Novecento conservato
dall’Archivio emerge una sostanziale stabilità nella struttura
socio professionale della Comunità ebraica di Roma per circa 30
anni dopo la seconda guerra mondiale. Il numero dei negozianti,
rispetto a quello dei lavoratori dipendenti, diminuì e si tornò,
quindi, ad una situazione simile a quella registrata nel 1938.
La Comunità ebraica romana fu interessata solo in parte dal
“miracolo economico” che coinvolse, invece, il resto della
popolazione. I redditi degli ebrei romani, comunque, aumentarono
nel secondo dopoguerra e crebbe anche il livello dell’istruzione, sebbene il fenomeno
dell’analfabetismo fosse già quasi assente tra gli ebrei
italiani. Un altro mutamento che interessò la comunità ebraica
romana nel dopoguerra fu il cambiamento di luogo di residenza,
fenomeno che era già iniziato a seguito dell’emancipazione ma
che si sviluppò in modo più marcato dopo la fine della guerra,
quando gli ebrei si spostarono in zone lontane dal centro,
soprattutto nelle aree a nord della capitale. Dal punto di vista
demografico, il numero della popolazione ebraica diminuì,
innanzitutto a seguito delle deportazioni durante le quali circa
7 mila 500 ebrei italiani furono assassinati. Inoltre, i
matrimoni e le nascite calarono sensibilmente, circa 9 mila
ebrei emigrarono ed oltre 6 mila si convertirono ad altra
religione. Si può quindi affermare che, rispetto al 1938, a
seguito della guerra, la popolazione ebraica italiana calò di
circa il 50 per cento arrivando a 26 mila membri, mentre a Roma
ne restavano più di 11 mila, ma nel 1965 il numero era cresciuto
a più di 14 mila persone mentre in tutta Italia vi erano 32 mila
ebrei. Inoltre risulta che il numero delle persone che vennero
riammesse nella Comunità, dopo essersene allontanate nella
speranza fatua di una possibile salvezza dalla furia
nazifascista, è leggermente superiore a quello degli ebrei che
ne uscirono per conversione ad altra religione o per
dissociazione. Si registra anche una minore mortalità della
popolazione ebraica rispetto alla media italiana, probabilmente
a causa di un più elevato livello di istruzione anche grazie
alle regole igieniche contenute nella Torah e poiché la
popolazione ebraica risultava mediamente più giovane rispetto
alla media di quella italiana. Rav Toaff è diventato Capo
Rabbino in un periodo di grandi difficoltà, ma anche di notevoli
potenzialità che la Comunità, però, non sempre ha saputo
sfruttare. Resta, comunque, il fatto che il suo operato ha reso
possibile la creazione della Comunità di oggi, dove il fermento
religioso e culturale è in aumento, una Comunità che cresce e si
sviluppa, malgrado il carico di una memoria pesante da portare
con sé.
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