HomeApprofondimentiGalleria FotograficaGalleria Video Repertorio Multimediale





















   Approfondimenti

CRONACA DEI GIORNI DI PIOMBO. L'ATTENTATO ALLA SINAGOGA DI ROMA

da: Shalom, ottobre 1982

 

Sabato 9 ottobre. E’ circa mezzogiorno. Una di quelle giornate calde assolate tipiche dell'autunno romano. Molti ebrei stanno uscendo dal Tempio Maggiore sul lato di via Catalana. E' sabato ma è anche Sheminì Azzereth, il giorno della benedizione dei bambini.

     E’ un attimo: improvvisamente alcuni giovani sbucati nella strada estraggono da un tascapane qualcosa che lanciano in mezzo alla folla. Si sentono quatto esplosioni in rapida successione e poi i colpi di mitraglietta con cui gli attentatori si fanno strada per fuggire. Grida disperate e di terrore. Sull’asfalto i corpi dei feriti, occhiali rotti, borsette abbandonate, libri di preghiere calpestati e perforati e dappertutto macchie di sangue.

     Comincia ad accorrere gente per portare i primi soccorsi. Nel vecchio ghetto tutti scendono in strada mentre si odono le sirene della polizia e delle ambulanze. Arriva di corsa il Rabbino Capo Toaff che questo sabato aveva accettato l'invito ad andare al Tempio askenazita di via Balbo. Dei ragazzi sono andati con la motoretta ad avvisarlo e il rabbino con il suo accompagnatore per non infrangere il sabato si sono precipitati a piedi per il lungo tragitto. Si portano via i feriti verso gli ospedali: il vicino Fatebenefratelli, il Nuovo Regina Margherita, il San Camillo... Per un bambino di due anni, Stefano Tachè, non c’è già più nulla da fare. Il fratellino Gadiel, quattro anni, è gravissimo e così molti altri dei circa quaranta feriti.

     Mentre la polizia e i carabinieri compiono i primi rilevamenti lo stordimento, il dolore, la disperazione lasciano il posto alla rabbia. Si grida «basta, vogliamo la pace!». Si accusano i politici e i mezzi di informazione di essere i mandanti morali dell’attentato: sono loro che, prendendo spunto dalla guerra in Libano, hanno creato un clima di antisemitismo, loro che qualche giorno prima hanno ricevuto con tutti gli onori il capo dell'OLP, Arafat, facendo finta di dimenticare la strage di Fiumicino e il traffico di armi tra il Medio Oriente e le brigate rosse. Il Presidente del Consiglio Spadolini, che qualche minuto dopo l'attentato arriva con il ministro Darida, riceve applausi ma anche fischi. Il sindaco Vetere è costretto ad andarsene presto.

     Alcuni giornalisti vengono insultati e cacciati via. La tensione sale sempre più.

    Il Consiglio della Comunità ebraica di Roma si riunisce e invita gli ebrei a partecipare più numerosi del solito alla cerimonia di chiusura del sabato, nel tardo pomeriggio.

    Poco prima delle 16 un corteo di due-tremila persone si stacca dalla folla che ormai da alcune ore staziona davanti alla sinagoga e si dirige verso via Arenula. Tutti i negozi del centro di proprietà di ebrei hanno le saracinesche abbassate, sopra una scritta: “Chiuso per strage”. Il corteo, non autorizzato, va verso via delle Botteghe Oscure e poi verso Piazza Venezia. L'intenzione è raggiungere il Quirinale per protestare con il Presidente della Repubblica ma la polizia blocca i manifestanti a via XXIV Maggio. La sede dell'OLP, in via Nomentana è presidiata dalla polizia ma non avviene nulla.

     La sera, seguendo l’invito della Comunità, migliaia di persone celebrano la chiusura del sabato. Molta la commozione. Parecchi romani non ebrei vengono a pregare. Dopo la cerimonia ha inizio una veglia per le vittime. In Comunità stanno arrivando centinaia di messaggi di solidarietà e il “Comitato per l'ordine democratico” composto dai rappresentanti delle amministrazioni comunale, provinciale e regionale e dai sindacati, riunito in Campidoglio indice per lunedì pomeriggio due ore di sciopero e una manifestazione in Piazza SS. Apostoli. La Comunità ebraica si riserva di accettare di partecipare.

10 ottobre. Domenica il ghetto è ancora sbigottito. Sulla cancellata del Tempio sono appesi indumenti insanguinati: un golf, una giacca, un talleth, lo scialle rituale per le preghiere.

      Escono i giornali con i commenti sull’attentato. Da molte parti si sente imbarazzo, molti editoriali ammoniscono contro l’antisemitismo alcuni fanno autocritica.

      Il Papa in San Pietro esprime “il suo dolore per il bambino ebreo ucciso”.

      E' la festa ebraica di Simchat Torà, la “gioia della Legge”, ma questa volta per le vie del ghetto, intorno alla sinagoga, non c'è festa né gioia ma solo dolore.

       Nel tardo pomeriggio migliaia di romani, ebrei e non ebrei, sono presenti alla funzione nel Tempio. Dopo le preghiere, ricordano il piccolo ucciso e condannano l'attentato antisemita molti oratori: parlano, tra gli altri, il Rabbino Capo Toaff, Bruno Zevi e Arrigo Levi.

        Al termine della cerimonia ancora una veglia di ricordo e di preghiera.

11 ottobre. In Campidoglio, nell'aula di Giulio Cesare, vi è una riunione congiunta dei consiglieri delle tre amministrazioni, comunale provinciale e regionale. Dolore per le vittime e condanna dell'antisemitismo. Parla, come rappresentante degli ebrei romani, Bruno Zevi, che dà voce alle accuse della Comunità contro chi doveva proteggere e non ha protetto e contro chi ha fomentato l'odio anti-ebraico.

       Le scuole ebraiche sono chiuse e lo saranno anche martedì in segno di lutto.

       Dalle 15 alle 17 Roma si ferma per uno sciopero proclamato dalle organizzazioni sindacali.

       Alle 17,30 manifestazione in Piazza SS. Apostoli. Parlano il Presidente della Provincia, Lovari, il sindaco Vetere e il segretario della CGIL Lama. La Comunità non aderisce ma invia un comunicato (che non viene letto). Il sindaco non può non avvertire la frattura che si è creata tra cittadini della stessa città, tra ebrei e non ebrei, tanto che, tra l'altro, ricorda le lotte comuni contro i nazifascisti e dice: «Una cosa è certa: tutti quelli che sono qui non hanno nulla a che spartire con l'antisemitismo».

12 ottobre. Alle 15 parte dall’ospedale Fatebenefratelli il corteo con la piccola bara bianca di Stefano Tachè. Si dirige verso la sinagoga a poche centinaia di metri. Il primo ad arrivare era stato Spadolini. Poi il sindaco Vetere, il ministro Darida, il prosindaco Severi e gli altri rappresentanti del governo. C’era un gran silenzio. Dalla macchina presidenziale scendeva Pertini. Un abbraccio con Toaff, quasi un segno di riconciliazione, poi assieme al rabbino si avviava alla camera ardente.

       Nella sinagoga, sul Lungotevere, nelle vie Catalana e del Tempio, migliaia di romani salutano il piccolo Stefano. Si recita il kaddish, la preghiera ebraica dei morti e mentre suona lo shofar, il corno che da migliaia di anni chiama a raccolta il popolo d’Israele, molti piangono. Poi il corteo delle macchine si dirige verso il cimitero ebraico al Verano per i funerali privati.

      Subito dopo la cerimonia un corteo organizzato dalle Associazioni Giovanili Ebraiche si dirige verso il Pantheon. Sono 10.000 persone che silenziosamente sfilano per le vie di Roma. I negozi del centro sono chiusi per lutto. Arrivati al Pantheon la manifestazione si scioglie dopo un canto religioso.

     Nello stesso momento anche a Milano si conclude una manifestazione analoga. Dopo una cerimonia al Tempio, in cui il Rabbino Capo Laras ha pregato per le vittime dell’attentato, circa tremila persone sono sfilate in silenzio tenendo in mano ceri accesi.

     Conclusi i funerali, a Roma il Rabbino Capo Toaff e una delegazione di rappresentanti della Comunità si incontra col sindaco Vetere e con gli amministratori comunali.

13 ottobre. Nei locali della Comunità si tiene una conferenza stampa. Rispondono alle domande dei giornalisti Toaff e iI Presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche, Ottolenghi, Sergio Frassineti e Enrico Modigliani (Comunità), Tullia Zevi (vicepresidente dell'Unione). «C'era stato un raffreddamento con il presidente Pertini - dice Toaff - ma questo raffreddamento, si è dileguato dopo un franco colloquio. Al presidente, che ieri ha partecipato con l'animo e l'affetto di sempre ai funerali, ho espresso la gratitudine della Comunità per la sua presenza».

18 ottobre. Il Presidente della Repubblica Pertini riceve al Quirinale una delegazione composta dal rabbino Toaff, Vittorio Ottolenghi, Tullia Zevi, Giorgio Sacerdoti e Giannetto Campagnano. Pertini si dichiara sdegnato degli episodi di antisemitismo verificatesi negli ultimi tempi, e parlando del suo incontro con il capo dell'OLP, Arafat, ricorda di aver detto che il popolo palestinese ha diritto ad una patria solo a condizione che l'OLP riconosca Israele. Arafat, aggiunge Pertini, si era detto d’accordo.

      «L'incontro - scrivono i giornali - ha definitivamente chiuso un periodo di rapporti molto tesi».

 

 
Copyrigth © 2012 MemoriEbraiche
contatti: centrocultura@romaebraica.it  |  Seguici anche su:  Seguici su G+  Seguici su twitter  Seguici su YouTube