DA TRIPOLI A ROMA: DAL 1967 A OGGI
Bondì Nahum
da: Centro di Cultura
Ebraica (a cura di),
Da Tripoli a Roma.
Vita e tradizioni degli ebrei di Libia. Giornata di studio,
Roma, 2003
L’immigrazione di un consistente
nucleo degli ebrei di Libia a Roma nel 1967 è il culmine di una
vicenda unica per la sua specificità, ma non certamente rara
nella travagliata storia dei nostri correligionari. Solo per la
fulmineità della vittoria israeliana nella Guerra dei Sei giorni
il risveglio del mai sopito antisemitismo arabo, rinfrancato dai
vaneggianti propositi di Nasser, non aveva avuto modo di
svilupparsi nella sua terribile, temuta violenza. Rimane per noi
vivo il ricordo degli ultimi giorni in Libia, nascosti in casa
propria o dei parenti, attaccati alla radio che, falsificando la
realtà, propagandava un vicino annullamento della presenza
sionista ed ebraica. La pressione psicologica su intere famiglie
ignare, fortunatamente per poco tempo, della realtà delle cose,
è immaginabile. Poi, in un breve lasso di tempo, il susseguirsi
e confondersi di una serie di sentimenti contrastanti: la
speranza nella vittoria di Israele e l’entusiasmo quando questa
fu certa, la soddisfazione nell’aver salvato la vita, quindi il
dolore nel dover abbandonare il proprio ambiente e la propria
casa e l’incertezza nell’affrontare il domani in un ambiente
ignoto e con gli scarsissimi mezzi economici consentiti dalla
precipitosa fuga. Avviene così l’incontro con la Comunità
ebraica di Roma e si avvicinano, non senza qualche difficoltà
iniziale, due gruppi entrambi gelosamente legati alle proprie
tradizioni, usi e costumi.
Una volta garantita la
sopravvivenza gli ebrei libici fanno di necessità virtù, aiutati
in un primo tempo dalla Comunità israelitica e dall’American
Joint, cercano di riacquistare la perduta tranquillità
economica. I più audaci, seguiti presto da un numero consistente
di correligionari, tornano a Tripoli temporaneamente per poter
recuperare almeno parte dei beni abbandonati. La situazione
economica migliora rapidamente. Gli ebrei libici si inseriscono
con abilità, coraggio e talvolta spregiudicatezza nel tessuto
commerciale cittadino incentrato soprattutto sull’abbigliamento.
Collaborando anche con esercizi commerciali di ebrei romani
sviluppano e perfezionano le proprie capacità; alcuni diventano
imprenditori affermati e facoltosi; si creano società e nascono
conseguentemente concorrenze e contrasti. Parallelamente ed
analogamente si sviluppa la vita sociale del nucleo ebraico
libico. A contatto con un ebraismo romano tutto sommato benevolo
ed accogliente, gli ebrei provenienti dalla Libia si preoccupano
subito di caratterizzare la propria autonomia e le proprie
specificità. Oratori autogestiti, macellerie, attenzione alla
kasheruth,
attaccamento alle proprie tradizioni sono i punti cardine con i
quali più evidentemente si manifesta la propensione alla tutela
delle proprie radici culturali. A onor del vero bisogna
precisare che l’incontro tra i due differenti mondo ebraici non
ha mai portato ad una completa integrazione o fusione ma
piuttosto ad una complementarietà e ad un confronto rafforzati
sempre più dalla vita in ambienti ebraici comuni (scuole,
organizzazioni giovanili e non, enti vari, sinagoghe) nonché
ovviamente dal formarsi di nuclei familiari e coppie
inter-etniche. L’afflusso di nuove istanze e di eterogenee
esigenze in tutti i settori della vita ebraica romana ha
costituito senza dubbio un arricchimento per tutte le componenti
della Comunità ed una spinta senza pari al rafforzamento di
attività, riti, istituzioni in campo ebraico. Scuole,
Talmud-Torah, campeggi, viaggi in Israele, sviluppo della
kasheruth, fervore
culturale sono solo gli elementi più evidenti di un rinnovato,
ed auspicabilmente continuo, interesse verso i valori ebraici.
Nucleo ed emblema della società
ebraico-libica sono naturalmente le sinagoghe. Strutture situate
nelle zone a maggiore densità abitativa dei nostri conterranei,
grazie alla ferrea volontà degli stessi ed a notevoli sforzi
economici, sono trasformate da abitazioni in luoghi di culto.
Nelle Feste solenni l’altissimo numero dei fedeli presenti ci
costringeva addirittura a noleggiare una sala cinematografica.
Così non si può ripercorrere la storia della nostra immigrazione
senza ricordare con commozione ed orgoglio il Tempio di Via
Garfagnana, nostro primo oratorio e punto di riferimento, nato e
sviluppatosi grazie all’iniziativa di Samuele Naaman z.l. ed
altri nella zona di piazza Bologna. Successivamente analoga
iniziativa prendeva vita con successo grazie a Sion Burbea e ad
altri nella zona di viale Marconi.
Con il passar del tempo l’ebraismo
libico si inserisce sempre più solidamente anche nella gestione
della Comunità israelitica di Roma con l’ingresso dei primi
membri nel Consiglio e nella Giunta I tempi sono ormai maturi
per una svolta decisiva. Nel 1981 io e Shalom Tesciuba, dopo una
candidatura caldeggiata fra gli altri dal Rabbino Capo Prof.
Toaff, veniamo eletti nel Consiglio della Comunità coronando una
pluriennale attività in seno al Comitato Assistenza Ebrei di
Libia. Ricordo che entrambi abbiamo lavorato in un minuscolo
ufficio, ritagliato nel Tempio di Via Garfagnana che conteneva a
malapena un tavolo e due sedie ma, ringraziando il Signore,
abbiamo svolto regolarmente e, speriamo efficacemente, il nostro
compito. Grazie al prezioso appoggio degli altri consiglieri,
alla partecipazione economica della Comunità di Roma ed
all’indispensabile sostegno morale ed economico di tutta la
collettività ebraico-libica, viene deciso e perfezionato
l’acquisto del Bet-El. A Rosh Hashanà di quello stesso anno il
Tempio viene inaugurato con la felicità della collettività che
finalmente prega padrona nella propria sinagoga, senza dover
temere, come gli anni precedenti, la revoca della locazione
annuale.
Il Bet-El, continuamente ristrutturato e migliorato, è ormai
una struttura polifunzionale in cui non solo hanno luogo
tutte le funzioni, ma che risponde perfettamente a tutte le
esigenze in campo ebraico in sintonia e collaborazione, ove
occorra, con la Comunità ebraica di Roma o altre
istituzioni. Ed è questa vitalità che oggi sembra
manifestarsi in ogni settore della vita ebraica romana,
coinvolgendo tutte le sue componenti etniche e culturali,
l’elemento che ci permette di guardare ancora, dopo più di
30 anni dalla nostra immigrazione, con serenità e fiducia al
futuro nostro, dei nostri figlie dei nostri nipoti
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