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   Schede Storiche

STORIA DEGLI EBREI DI LIBIA

 

    Nei documenti egiziani, risalendo al terzo millennio A.C, i residenti  della Libia venivano chiamati Tjehnu o Temhu; in documenti successivi risalenti al secondo millennio A.C. questi stessi residenti insieme alle tribù di Mashwash, venivano chiamati Labu. Si presume che i berberi dell'Africa settentrionale fossero gli eredi o addirittura i discendenti dei Labu e dei Mashwash.

    Nel settimo secolo A.C. i greci fondarono colonie nel nord della Cirenaica. I Tolemi, in seno alla loro colonizzazione, fecero insediare anche ebrei nel terzo secolo A.C. La popolazione ebraica crebbe e giunse all’apice della propria prosperità nel secondo e primo secolo A.D.

   Nel corso dei viaggi dei navigatori fenici, giunti da Tira e da Sidone alle isole e coste del Mediterraneo, e la costa dell’Africa settentrionale, a partire dal nono e decimo secolo A.C. si crearono nuovi insediamenti. Furono viaggi ed insediamenti fenici a cui, secondo la tradizione degli ebrei libici e tunisini, parteciparono anche ebrei di Erez-Israel. Una colonia fondata dai fenici fu la città di Cartagine (814 A.C.), pochi chilometri a nord-ovest dall'odierna città di Tunisi. Fu una colonia che divenne un grande ricco reame, e si estese lungo le coste della Tunisia e la Tripolitania fino alle coste di Sirte.

   I cittadini di Tira e Sidone costruirono delle città lungo le coste dell’Africa settentrionale, tra cui Viat (Ait) in latino Oea (settimo secolo A.C.) e le città confinanti Leptis-Magna e Sabratha, comprese nel nome greco Tripolis (tre città), che era addebita a raccogliere le tasse per Cartagine nel corso della sua espansione. Nella terza guerra punica queste città passarono nelle mani dei romani (149 A.C.) e con il passaggio della Cirenaica ad essi (primo secolo A.C.) l’intera Libia settentrionale divenne una fiorente colonia romana.

   Molti ebrei si insediarono nella colonia romana della Libia, più che altro a Cirene in Cirenaica, e alcuni in Tripolitania, in particolare lungo la pianura marina e la regione del Gebel. conseguentemente alla rivolta delle diaspore (115-117 A.D.) durante il regno di Traiano, la fiorente

comunità ebraica di Cirene divenne un piccolo centro e gli ebrei sopravissuti alla repressione della rivolta si rifugiarono tra le tribù berbere di Sirte, nella pianura costiera della Tripolitania e nel Gebel; una parte di essi più a ovest in Tunisia, Algeria e Marocco.

   La Libia subì molte occupazioni. Dopo la conquista romana, preceduta da un regime ellenico in Cirenaica e un dominio cartageneo in Tripolitania, i Vandali conquistarono la Libia nell’anno 435 A.D. Questi s’appoggiarono sui berberi e gli ebrei nel loro dominio della Libia; gli ebrei godettero di una certa prosperità in cambio dell’aiuto prestato. Comunque, con la conquista bizantina nel 534

A.D., pagarono un caro prezzo per quest’aiuto e data la politica non tollerante dei bizantini, gli ebrei dovettero trovare di nuovo rifugio all’interno del paese, tra le tribù anch’esse ostili ai bizantini.

   Anche all’inizio del periodo arabo, quando gli arabi (ai tempi del califfo Omar) conquistarono la Libia con furia nel 643 AD, vi fu una resistenza berbero-ebraica. Da qui l’origine delle leggende (con una certa radice storica), sia nelle cronache degli ebrei che in quelle arabe, su un regno di berberi convertiti all’ebraismo guidati dalla regina Dahia Alcahina, con Tripoli quale una delle sue fortezze. La resistenza venne soppressa ben presto. Gran parte dei berberi divennero mussulmani e gli ebrei “dimmi” cioè protetti in cambio di “Gisia”, la tassa pro capite. Tripoli fu il centro della Tripolitania ed un incrocio per il commercio trans-sahariano e per quello tra il “mashrak” (l’oriente) e il “magreb” (l’occidente) dell’Africa settentrionale. Nell'ottavo e nono secolo Tripoli divenne il centro dei ribelli della setta mussulmana estremista “Ibadia Haragiana”.

    Nell’intero nono secolo (800-909) regnarono in Libia gli Aglabi, una famiglia di emiri, che rappresentavano i califfi di “Abass”, in pratica quasi indipendente, con la capitale Kairouan in Tunisia. All’inizio del decimo secolo (909) i Fatimidi (una dinastia mussulmana sciita) riuscirono con l'aiuto dei berberi a cacciare gli Aglabi e dominare la Libia direttamente (909-973) o tramite dinastie autonome locali, gli Ziri (973-1000) e Banu-Hiazrun a partire dall’anno 1000.

   Il successo della loro rapida espansione era dovuto all’indebolimento dell’autorità centrale degli abassidi, all’aiuto dell’esercito efficiente dei berberi e alla loro tolleranza nei confronti dei sunniti e dei dimmi. Benché si sappia molto poco sugli ebrei in Libia nel periodo fattimido, secondo la loro tradizione, gli ebrei godevano di una vita autonoma e prosperità economica. Però nel 1047, il governatore libico da parte del califfo fattimido si ribellò, ritornando all'islam sunnito, e riconobbe il regime del califfo abasside a Bagdad. In reazione a quella ribellione il califfo fattimido mandò in Libia due tribù beduine, degli Banu-Hilal e Banu-Sulim (1055), che nelle loro incursioni provocarono una devastante distruzione con una ondata di guerre tribali e anarchia. Gli ebrei soffrirono duramente nel corso della ribellione, delle guerre e dell’anarchia; l’influenza dei berberi diminuì e quella degli arabi aumentò e piano piano i berberi e gli arabi si amalgamarono, benché una parte dei berberi continuasse a mantenere certe caratteristiche del loro retaggio.

   Dal momento in cui la Libia cominciò a mostrare segni di debolezza di regime e prevalente anarchia, gli stati cristiani in Europa cominciarono ad avere mire; i normanni dalla Sicilia furono i primi cristiani europei a conquistare la Libia nel 1146. Allo stesso tempo, un movimento fondamentalista e una dinastia islamica militante dei Muahedun apparvero sul palcoscenico della storia, precipitandosi sulla Spagna e la parte occidentale dell’Africa settentrionale, conquistando la Libia nel 1158. Questa dinastia regnò in Libia direttamente fino al 1160 e poi tramite il governatore locale, Yehye ben-Matruh, fino al 1173. Sotto quest’occupazione gli ebrei soffrirono di persecuzioni e apostasia e solo quando la Libia fu di nuovo sotto il dominio dei califfi egiziani nel 1173 (tempi del califfo Salah a-Din el-Ayubi) la comunità ebraica ebbe un certo recupero. La dinastia aiubica regnò in Libia fino al 1190 quando il paese fu di nuovo sotto il dominio dei Muahedun e gli ebrei si trovarono perseguitati nuovamente fino alla conquista della dinastia islamica Hafizi (con la capitale Tunisi) nel 1247, un regno che duro in Libia fino al 1510.

   Il secondo stato cristiano europeo, ad avere mire verso la Libia fu la Spagna, che la occupò nel 1510. Gli spagnoli la diedero all’ordine dei cavalieri di Malta nel 1530 che vi regnarono fino al 1551. Durante questo periodo gli ebrei soffrirono di persecuzioni ed apostasia subendo un deterioramento economico, sociale ed in particolare culturale-religioso.

   Un lento recupero della comunità avvenne solamente con la riconquista ottomana nel 1551 nonostante il fatto che gli ebrei fossero i residenti più vulnerabili almeno finché la situazione politica in Libia rimase instabile come all'inizio dell'occupazione ottomana, di conseguenza sommosse e ribellioni, come la rivolta di Mahdi Yehye ben-Yehye nel 1589, nel corso della quale gli ebrei rischiarono l’apostasia.

 

   Gli ottomani trasformarono la Tripolitania in ulaia e la dominavano tramite i Pascià. I Pascià incassarono parte delle tasse, tramite tribù nomade in cambio dell’esonero fiscale; i residenti erano schiavi sotto il patronato di queste tribù. Nello stesso tempo crebbe la forza dei pirati, che usavano le coste libiche quali loro fortezze, e per questo motivo la Libia soffrì di invasioni a rappresaglie da parte dei vicini (come l’invasione di lbrahim Ashriff, il comandante militare del Bey della Tunisia) e di potenze marittime come la Bretagna e l’Olanda.

   Nel primo periodo ottomano (1551-1711) le comunità ebraiche in Libia, rinforzate dagli esuli giunti dalla Spagna, cominciarono a svilupparsi, con un recupero economico e persino nel campo dell’istruzione. All’inizio di questo periodo si nota una rinascita spirituale religiosa con l'arrivo del rabbino Shimon Labi, cui iniziativa fece rinascere il vecchio splendore creando la base per la formazione di grandi rabbini versati nell'insegnamento dei precetti della Bibbia e la ripresa di una ricca vita religiosa in Libia. Questa prosperità vissuta dalle comunità ebraiche anche nel periodo dei caramanli (1711-1835), che trasformarono Tripoli quale capitale dell’intera Libia, consolidò i contatti tra la Tripolitania e la Cirenaica. Tutto ciò, malgrado le guerre civili tra le dinastie dei caramanli (governatori locali autonomi), l’intensificarsi della pirateria seguita dalle invasioni (come

quella di Ali Burgul d’Algeria) e azioni di rappresaglia contro i pirati da parte di potenze marittime (la più famosa fu quella statunitense negli anni 1801 e 1805). Sotto il regno della dinastia dei caramanli cominciò a formarsi un’entità ebraica libica separata non più a contatto con l’ebraismo tunisino, mantenendo solamente un certo legame con gli ebrei di Gerba.

   Intimoriti per via della conquista francese dell’Algeria (1830) e il regno di Mohammed Ari in Egitto (1805-1848), gli ottomani sfruttarono la guerra civile tra i caramanli e conquistarono la Libia nel 1835, divenuta di nuovo ulaia, dominata da i pascià. La situazione instabile verso la fine del regno dei caramanli, diede modo agli ebrei libici di godere un certo benessere, all’inizio del secondo periodo ottomano, espresso dalla sicurezza personale, dalla condizione economica, dalla consolidazione delle comunità e dall’autonomia (in particolare dopo l’introduzione delle riforme - le “tanzimath”), nella vita spirituale, nella religione e nell’istruzione. Alla fine di questo periodo vi furono anche fenomeni negativi come il peggioramento dei rapporti tra arabi ed ebrei, oltre le dispute con le autorità circa il riscatto dal reclutamento ed il servizio di leva degli ebrei nell’esercito turco, conseguentemente al decreto di uguaglianza di diritti e doveri di tutti i sudditi dell’impero ottomano con l’ascesa dei giovani turchi al governo nel 1908. Appaiono due ulteriori fenomeni alla fine del secondo periodo ottomano: si forma il primo contatto tra gli ebrei libici, il movimento sionista mondiale e Herzl, e l’ascesa del potere dei Senussi con implicazioni importanti sugli avvenimenti politici in Libia.

   La conquista italiana della Libia nel 1911 incontrò resistenza e una rivolta araba in Tripolitania che durò fino al 1924 e fino al 1931 in Cirenaica. Dall’altra parte, l'occupazione italiana venne accolta con gioia da gran parte degli ebrei in Libia, provocando cambiamenti nella loro vita, nel loro stato legale-politico, da dimmi divennero cittadini libici italiani; in seno alla loro vita autonoma formarono comitati delle comunità che pubblicarono degli statuti che stipulavano, tra l’altro, la gestione delle comunità, i diritti di eleggere ed essere eletti, come pure limitazioni imposte sull’autonomia ebraica nelle competenze della corte e nell’assegnazione di un rabbino italiano. Gli ebrei godettero di quella prosperità economica che gli italiani avevano portato in Libia, sapendo integrarsi nello sviluppo della Libia, nell’amministrazione, mediazione e commercio, nell’istruzione che comprese quasi tutti i figli degli ebrei libici, oltre che all’istruzione religiosa e ebraica. La vita sociale migliorò e una parte degli ebrei adottò una mentalità di vita europea, creando rapporti con gli ebrei italiani che si considerarono protettori e portavoci degli ebrei libici dinnanzi alle autorità italiane. Fondarono un movimento sionista che malgrado le difficoltà iniziali ottenne con l’andar degli anni notevoli successi.

   Dopo la rivolta araba, l’Italia (divenuta fascista con l'ascesa di Mussolini al potere nel 1922) si prese cura del benessere della popolazione secondo il principio del “bene dello stato”. Questa politica venne accolta parzialmente dagli ebrei quale politica anti-ebraica e, con l’avvicinamento dell’ltalia fascista alla Germania nazista, ottenne una sfumatura antisemita. Questa politica espressa all'inizio con le “leggi del sabato” che obbligavano gli ebrei a frequentare la scuola il sabato ed aprire i loro negozi, continuò con le “leggi razziali” che limitavano e discriminavano gli ebrei. La condizione degli ebrei peggiorò ulteriormente quando l’Italia partecipò alla seconda guerra mondiale a fianco della Germania (10 giugno 1940); furono direttamente colpiti dai bombardamenti degli alleati, da una più rigorosa applicazione delle leggi razziali con ulteriori rigidi regolamenti, da una mobilitazione degli ebrei ai lavori forzati; ebrei di cittadinanza francese furono espulsi in Tunisia, quelli di cittadinanza britannica in Italia, ai campi di quarantena e lavori forzati; più avanti una parte di essi fu deportata nei campi di concentramento Innsbruck-Reichenau in Austria e Bergen-Belsen in Germania. Soffrirono molto gli ebrei della Cirenaica lungo la linea del

fronte poiché avevano dato un caloroso benvenuto all'esercito britannico che aveva occupato la Cirenaica (9 dicembre 1940) giungendo il colmo con l'arrivo dei soldati d’Erez-Israel arruolati nell’esercito britannico. Con la ritirata degli inglesi (3 aprile 1941) gli ebrei furono colpiti duramente dagli italiani che rioccuparono la Cirenaica; dopo la seconda occupazione (18 novembre 1941) e la ritirata (28 gennaio 1942) dalla Cirenaica ebbero una sorte peggiore con arresti, l’esecuzione di tre ebrei e peggio ancora il trasferimento della maggioranza degli ebrei della Cirenaica al campo di concentramento di Jado, dove morirono 562 ebrei internati.

   I tormenti degli ebrei giunsero a un termine alla fine del regno italiano con la liberazione della Libia dagli inglesi nel gennaio del 1943, in seguito alla battaglia di El-Alamein che aveva avuto inizio nel ottobre 1942. La liberazione britannica portò mutamenti notevoli nella vita degli ebrei, ponendo fine alla catastrofe della guerra, eliminando il timore della “soluzione finale” che sfiorò anche gli ebrei libici, ponendo fine all’inferiorità degli ebrei e alle repressioni fasciste. Ebrei fuggiti o deportati tornarono alle loro case e alle loro imprese con un recupero economico, un rinnovo del sistema d’istruzione e un'attività sionista ormai più intensa, grazie all'aiuto dei soldati d’Erez-Israel. I rapporti tra ebrei e arabi migliorarono poiché credevano a un futuro migliore sotto il dominio britannico.

   Questi buoni rapporti non durarono a lungo, data la crisi economica le cui principali vittime furono le masse degli arabi, l’intensificarsi del nazionalismo arabo che istigò la strada araba, la condotta dell’amministrazione britannica filo-araba, l’attività sionista più vasta che irritò sia arabi che inglesi. Tutto ciò creò un ambiente idoneo a colpire gli ebrei; il culmine di ciò si espresse in atti di violenza entro il 4 e il 7 di novembre 1945, senza un’equa reazione delle autorità britanniche. Le violenze colpirono gli ebrei crudelmente e improvvisamente con l’omicidio di 133 ebrei e il ferimento di centinaia; numerosi palazzi residenziali e imprese degli ebrei furono saccheggiati, danneggiati e distrutti, e nove sinagoghe dissacrate e incendiate.

   I tumulti provocarono svolte nella vita e nel destino degli ebrei libici e la loro reazione fu caratterizzata da quattro elementi: deterioramento della co-esistenza tra ebrei e arabi; perdita della fiducia nel governo militare britannico in Libia; la consapevolezza di un’auto-difesa che conducesse alla formazione di un’organizzazione clandestina armata, organizzata e divisa in sezioni che potesse ricombattere nel corso del pogrom del 12 giugno 1948 in cui rimasero uccisi 14 ebrei; ma la catastrofe di novembre 1945 non si replicò. L’aspirazione di emigrare in Erez-Israel ebbe più fervore; considerando la politica britannica che negò visti d’uscita dalla Libia, l’unica soluzione fu l’emigrazione illegale. Quest’emigrazione via Egitto con l'aiuto dei soldati d’Erez-Israel via Italia e la Tunisia, fece uscire dalla Libia circa 3.500 emigranti illegali - 10% della popolazione ebraica della Libia - quale preambolo a una più massiccia e benedetta emigrazione degli ebrei libici giunti in Israele nel febbraio del 1949 con l’apertura delle porte dell’emigrazione con navi dirette dal porto di Tripoli al porto di Haifa, un totale di circa 30.000 ebrei che con il precedente contingente degli emigranti illegali furono circa 90% dell'ebraismo libico.

   Alla fine della grande emigrazione, rimasero nella Libia araba indipendente, sotto il regno del re

Idris (a partire dal 1 gennaio 1952), circa 4.100 ebrei. All’inizio godettero di buone condizioni e

atteggiamento positivo, però con il coinvolgimento della Libia nel mondo arabo peggiorò la posizione del governo libico nei confronti degli ebrei. Nei primi anni '60 vi fu un lieve miglioramento nella condizione degli ebrei con la scoperta del petrolio e con una propria produzione, ma non durò a lungo e con lo scoppio della guerra dei sei giorni gli arabi assalirono di nuovo gli ebrei libici uccidendone 17. Dinnanzi alle sommosse le autorità libiche permisero a circa 4.000 ebrei di recarsi in Italia, la metà dei quali emigrò in Israele e l’altra metà si stabilì in Italia (in particolare a Roma).

   L’insurrezione militare del 1 settembre 1969 guidata da Mu’ammer Gheddafi, catturò in Libia circa 300 ebrei che si erano recati là nel tentativo di saldare i loro affari senza grande successo; tutti i beni degli ebrei vennero confiscati da Gheddafi e trasferiti a tutela dell’amministratore generale. Questi ebrei, vittime di persecuzioni e molestie lasciarono in gran parte la Libia dove rimasero circa cento ebrei il cui numero continuava a calare.

  Gli ebrei libici stabilitisi in Italia si sono integrati con le locali comunità ebraiche. Quelli emigrati in Israele con diverse ondate d’emigrazione, ed in particolare con l’ultima grande ondata d'emigrazione, ebbero una relativa facile integrazione ed un rapido adattamento, dovuti alla educazione ebraica-sionista e alla capacità di soddisfarsi con quel che lo stato poteva offrire, essendo consapevoli delle difficoltà dei primi tempi dello stato e avendo fiducia in un futuro migliore. Entro breve tempo si sono inseriti in tutte le sfere della vita in Israele, nell’insediamento

agricolo, nel sistema d’istruzione, nell’esercito, nella costruzione edile, produzione, industria, commercio, turismo, professioni d’impiego, amministrazione, politica e più avanti nella scienza,

medicina e nel mondo della vita spirituale; in breve un'integrazione molto ben riuscita.

 

                                                                                                         Yacov Haggiag-Liluf

 

 

Da: Yacov Haggiag-Liluf, Storia degli ebrei di Libia, Centro di studi sull’Ebraismo Libico, Or-Yeuda, 2005

 



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